Per poter esportare dall’Italia è necessario che i prodotti alimentari soddisfino i Regolamenti (CE) 854/2004 e 882/2004.
Tali regolamenti non devono essere rispettati solo dal produttore del bene, ma anche da tutta la filirea (logistica, imballaggi, confezionamento, ecc.).
Le regole internazionali per la produzione di alimenti sicuri sono contenute nel Codex Alimentarius dell’organismo internazionale coordinato dalla FAO (Organizzazione mondiale per l’alimentazione e l’agricoltura) e dall’WHO (World Health organization). Nell’ambito del Codex Alimentarius sono definiti, tra gli altri:
le procedure di base per minimizzare in tutta la catena alimentare il rischio dei pericoli microbiologici, fisici e chimici: si tratta delle procedure HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Point);
gli standard internazionali di carattere generale (come ad esempio quello relativo al “Congelamento rapido del pesce eviscerato e non eviscerato”);
la gestione della lista ufficiale degli additivi alimentari (GSFA);
la determinazione del limite massimo di principi attivi in campo veterinario e pesticidi (MRLs);
guide tematiche (come ad esempio “Sistemi di certificazione ed ispezione per l’importazione ed esportazione degli alimenti”).
L’organizzazione intergovenativa World Organisation for Animal Health (OIE) si occupa del miglioramento della salute degli animali a livello mondiale; essa è riconosciuta come ente di riferimento da parte della WTO (World Trade Organization).
Il rispetto di tali regolamenti è una condizione indispensabile, ma in molti casi e per molti Paesi non è sufficiente. Ogni Paese emana delle norme specifiche sulla importazione di determinati prodotti:
talvolta queste norme sono volte alla tutela del consumatore (si pensi alle limitazioni vigenti in merito al commercio di prodotti contenenti OGM)
in altri casi alla creazione di barriere a difesa delle produzioni locali.
Inoltre le norme sono in continua e costante evoluzione anche sulla base di fattori come l’andamento climatico (che può determinare condizioni anomale rispetto al raccolto), l’innovazione tecnologica, i tassi di cambio, le politiche di ritorsione, ecc.
La normativa relativa all’esportazione verso i Paesi Terzi è in costante evoluzione. Tra le fonti principali di informazione si segnala il Ministero della salute, le Regioni, le Camere di commercio, le Ambasciate italiane nei paesi di riferimento, ecc.
Per quanto riguarda la documentazione relativa alle spedizioni, si suggerisce di evitare cancellazioni e di informarsi sulle politiche locali in termini di variazioni ammesse tra le indicazioni di peso e di valore riportate sulle fatture, sulle licenze di importazioni e il peso reale della merce.
Sono previsti documenti e procedure specifiche, di norma varianti semplificate delle procedure e registrazioni standard, per introduzione temporanea di prodotti in un paese (ad esempio per partecipazione a fiere, eventi, congressi, campioni commerciali).
Certificato di origine
Per l’esportazione di alcuni prodotti l’importatore può richiedere il “Certificato di origine”; tale richiesta potrebbe essere imposta dalla normativa vigente nel Paese destinatario della merce o essere una richiesta specifica dell’importatore a maggiore tutela del bene acquistato. Anche i prodotti agroalimentari non si sottraggono a questa pratica.
Il Certificato di origine ha la finalità di provare l’origine delle merci esportate sulla base della documentazione probatoria e/o di dichiarazioni rese dalle imprese che esportano; esso non attesta l’esportazione delle merci.
Il documento ha valore di dichiarazione sostitutiva di atto notorio, ai sensi dell’art. 47 del D.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445 e quindi sono rilasciati di fronte ad un pubblico ufficiale e, conseguentemente, il dichiarante è soggetto a responsabilità penale nel caso di atti falsi o dichiarazioni mendaci.
La dichiarazione deve essere resa dal rappresentante legale (come risulta dalla posizione del Registro imprese) o da un procuratore. Inoltre, non può essere addebitata alla Camera di Commercio emittente la responsabilità per eventuali discrepanze tra il Certificato di origine regolarmente emesso e le condizioni fissate dal cliente.
Il rilascio del certificato di origine non preferenziale in Italia è attribuito alle Camere di commercio industria artigianato e agricoltura, di seguito denominate Camere di commercio, ai sensi della Legge 29 dicembre 1993, n. 580 e s.m.i.
Esso può essere ottenuto presso la Camera di commercio della circoscrizione territoriale competente, in relazione alla sede legale, sede operativa o unità locale dell’impresa, sia che si tratti di un’impresa individuale, di una società con personalità giuridica, di uno spedizioniere doganale o di un rappresentante fiscale incaricato dall’ esportatore.
Ove richiesto dalle esigenze commerciali e di esportazione il certificato di origine può essere rilasciato anche a persona fisica o a soggetti non aventi l’obbligo di iscrizione al Registro delle imprese che sono chiamati ad esportare dei beni – a qualsiasi titolo – verso Paesi richiedenti la certificazione di origine.
In tal caso la competenza del rilascio è demandata alla Camera di commercio ove il soggetto ha la propria residenza o sede e nel caso di persone fisiche non residenti in Italia presso la Camera di commercio dove il soggetto si trova con le merci acquistate in Italia.
Il richiedente può inoltre ottenere il rilascio di un certificato di origine:
dalla Camera di commercio ove si trova con la merce da spedire all’estero e con i relativi documenti giustificativi dell’origine. In tal caso occorre l’autorizzazione preventiva da parte della Camera di commercio competente territorialmente.
dalla Camera di commercio nella cui circoscrizione un’impresa estera abbia una sede secondaria o unità locale, risultante dal Registro delle Imprese della Camera di commercio.
Per richiedente si intende:
lo speditore designato nel certificato di origine;
lo spedizioniere doganale delegato dallo speditore designato nel certificato di origine;
lo spedizioniere o rappresentante fiscale con sede legale o unità locale nella Provincia, delegato da una ditta estera.
Il richiedente è, dunque, il soggetto che sottoscrive la domanda del certificato (sia esso il legale rappresentante o procuratore dell’impresa o lo spedizioniere o rappresentante fiscale formalmente delegato). Il richiedente firmatario dell’istanza compare nella casella 1) del certificato di origine, come speditore o come soggetto agente per conto dello speditore.
Al contrario eventuali soggetti intermediari incaricati di istruire l’istanza e presentarla alla Camera di commercio, sia in modalità cartacea che telematica, apporranno – se del caso – la propria firma esclusivamente nella casella 9) della domanda.
Regole di origine
Le regole di origine non preferenziale per i certificati emessi per prodotti all’esportazione sono richiamate nel CDU (Codice Doganale Unionale - Regolamento UE 952/2013) unicamente dall’art. 61.3.
In linea generale, quando non è specificatamente richiesto di applicare le regole del Paese di destinazione delle merci in esportazione o altri metodi di individuazione dell’origine per ultima trasformazione sostanziale, si fa riferimento a quanto previsto dall’art. 60, commi 1 e 2, del CDU in materia di prodotti interamente ottenuti o che hanno subito l’ultima lavorazione sostanziale sufficiente al conferimento dell’origine.
Per garantire un’applicazione uniforme a livello di Stati membri sulle regole di origine per i prodotti all’esportazione, le Camere di commercio europee hanno convenuto di applicare regole definite in una Linea guida europea che si ispira ai principi generali dettati dal CDU (disciplina applicabile ai prodotti all’importazione) e più in particolare all’Allegato K della Convenzione internazionale di Kyoto.
Regole speciali di origine
Per alcune specifiche casistiche il CDU e i relativi regolamenti attuativi stabiliscono, per i prodotti all’importazione, speciali regole per l’attribuzione dell’origine:
Regola della maggiore quantità dei materiali (art. 33 comma 3 Reg. (UE) 2446/2015);
Operazioni minime non conferenti origine (art. 34 Reg. (UE) 2446/2015);
Accessori, pezzi di ricambio e utensili (art. 35 Reg. (UE) 2446/2015);
Elementi neutri e imballaggi (art. 36 Reg. (UE) 2446/2015);
Consegna merci smontate, anche in più spedizioni, che costituiscono un unico bene ai fini dell’origine.
Le stesse fattispecie vengono affrontate in modo analogo nelle linee guida europee per i certificati all’esportazione e tali medesimi principi vengono applicati anche a livello nazionale.
Utilità del certificato di origine
I certificati di origine sono esclusivamente destinati a provare l’origine delle merci e non attestano essi stessi l’esportazione delle merci. Essi possono essere utilizzati come documenti giustificativi nel rilascio di ulteriori certificati di origine rilasciati da altre Camere di commercio.
Dato che il modulo arabescato del certificato di origine viene utilizzato normalmente quale originale per soddisfare le esigenze doganali, le copie redatte e rilasciate conformemente all’originale hanno lo stesso valore di quest’ultimo. Non è ammesso rilasciare più di un originale per la medesima spedizione.
I certificati di origine rilasciati dalle Camere di commercio italiane sono quelli utilizzati nei rapporti tra l’Unione europea ed i Paesi Terzi, sulla base di quanto previsto dall’art. 61.3 del Codice Doganale dell’Unione europea (CDU – Regolamento (UE) 952/2013) e in applicazione di quanto previsto all’allegato K della Convenzione internazionale di Kyoto per la semplificazione e armonizzazione dei regimi doganali.
I certificati di origine sono destinati, esclusivamente, a provare l’origine delle merci sulla base di documentazioni probatorie o delle dichiarazioni rese dalle imprese e non sono da considerarsi un documento accompagnatorio della merce. In nessun caso può essere addebitata alla Camera di commercio la responsabilità per eventuali discrepanze tra certificato di origine regolarmente emesso e le condizioni fissate dai crediti documentari.
Su richiesta dell’utente, quando particolari esigenze commerciali lo necessitano, la Camera di commercio può rilasciare anche certificati di origine destinati ad altri Stati membri dell’Unione europea. Inoltre, quando occorra allo scopo di preservare il segreto commerciale, per una operazione precedente l’esportazione, il rilascio è ammesso anche nel caso in cui il primo destinatario delle merci abbia sede in Italia. In tale ultimo caso va utilizzata la menzione “all’ordine” non essendo tracciabile la destinazione estera finale.
Certificato di analisi
Certificato che attesta l’effettuazione di test da parte di un laboratorio competente nel Paese di origine del prodotto (in alcuni casi può essere richiesto che il laboratorio sia di un ente specifico, o accreditato presso un Ministero locale o in Italia presso l’ente di accreditamento dei laboratori ACCREDIA), oppure presso un laboratorio situato presso il Paese di destinazione della merce.
I test possono riguardare caratteristiche del prodotto o dell’imballo (fisiche, chimiche, microbiologiche, ecc.).
Il certificato, firmato, di norma contiene informazioni in merito a:
riferimenti del laboratorio che ha effettuato l’analisi
riferimenti del tecnico che ha effettuato l’analisi
data della analisi
origine delle merci
descrizione dei campioni e delle loro caratteristiche
risultati dei test
ulteriori indicazioni (es. rispetto di determinate normative o metodologie di analisi, se richiesto dal committente).
Certificato sanitario
Per esportare:
Animali vivi
Prodotti animali non destinato al consumo umano
Carni e prodotti a base di carni
Latte e prodotti a base di latte
Altri alimenti di origine animale (es. prodotti dell’industria ittica, miele)
Mangimi
I produttori devono fornire garanzie igienico-sanitarie alle autorità dei Paesi importatori attraverso certificati sanitari che accompagnano le merci.
I certificati sono rilasciati dalla ASL competente sul territorio secondo format che sono definiti dai vari Paesi anche in funzione della categoria di prodotto.
Le garanzie sono stabilite dal Paese importatore sulla base delle proprie normative sanitarie nazionali e rispetto delle regole internazionali fissate dagli Standards Setting Bodies (OIE e FAO).
Il riferimento è un piano di controlli, che riguarda l’intera catena produttiva (dalla materia prima al prodotto confezionato) definito a valle di una negoziazione tra le parti (Autorità veterinarie/sanitarie del Paese importatore e Autorità veterinarie/sanitarie Italiane o dell’Unione Europea).
Codice fitosanitario
I prodotti ortofrutticoli destinati a paesi non appartenenti all’Unione Europea devono essere sottoposti a controllo fitosanitario, nei casi in cui la legislazione fitosanitaria del Paese di riferimento lo richieda.
Il certificato fitosanitario è rilasciato dagli Ispettori fitosanitari del Consorzio Fitosanitario, per delega regionale. La richiesta di ispezione del materiale destinato all’esportazione deve essere richiesta con anticipo (di norma 10 giorni) in modo da permettere di effettuare e documentare i controlli necessari. La richiesta riporta i dati: dell'esportatore e del destinatario, del messo di trasporto, punto in entrata nel Paese destinatario, numero e natura dei colli oggetto della spedizione, giorno previsto per la spedizione, denominazione del prodotto (compreso il nome botanico latino nel caso di piante o semi), Paese di origine del prodotto, indicazioni relative a marchi e lotti.
Il certificato è corredato della ricevuta di pagamento della tessera fitosanitaria.
I controlli sono effettuati sulla base delle procedure del Paese importatore.
Una volta ottenuto il parere favorevole viene rilasciato il certificato che attesta anche che la merce è esente da organismi da quarantena.
Certificazione Gluten Free
Per la certificazione Gluten Free Spiga Barrata (Grain Crossed) la AIC (Associazione Italiana Celiachia) rilascia (dall’ottobre 2012) le concessioni internazionali per il territorio europeo (Unione Europea più Norvegia e Svizzera) secondo un preciso disciplinare che prevede:
verifica ed approvazione di ogni etichetta
audit periodici presso tutti gli stabilimenti produttivi interessati.
Ogni prodotto licenziatario è contraddistinto da un codice da affiancare al logo della Spiga Barrata.
Certificazione biologica per esportazione extra UE
A livello internazionale non è disponibile uno standard che vale per tutti i Paesi ed un sistema di mutuo riconoscimento, anche se alcuni Paesi stanno operando per identificare una matrice comune.
Diversi enti di certificazione del prodotto biologico, tra cui anche enti italiani, hanno gli accreditamenti (riconoscimento) a fronte di standard in vigore in altri Paesi.
Molti Paesi hanno sviluppato degli standard interni per la produzione biologica e l’etichettatura dei prodotti biologici, come ad esempio:
UE REGOLAMENTO (CE) N. 834/07 DEL CONSIGLIO del 28 giugno 2007
Giappone – Norme JAS Organic (Japan Agriculture Standard)
Stati Uniti – NOP (National Organic Program)
Canada - OPR (Canada's Organic Products Regulations)
Cina - China Organic Product Certification Mark
Certificazione Halal e Kosher
Il concetto di Halal (lecito) si contrappone a quello di Haram (illecito)
I prodotti con la certificazione Halal sono considerati leciti in quanto garantiscono sull’origine di ogni singolo ingrediente / componente e sulla filiera di produzione del prodotto che viene acquistato ed utilizzato, garantendone l’aderenza alle prescrizioni religiose.
Per kosher, invece, si intende l’insieme di regole religiose che governano la nutrizione degli ebrei osservanti. La parola ebraica “kasher o kosher” significa adatto, appropriato o corretto. La certificazione kosher si ottiene a seguito di un iter di controllo da parte di un ente rabbinico specializzato che supervisiona la produzione di un alimento al fine di garantire che esso sia conforme alle regole alimentari ebraiche.
SE DESIDERATE RICEVERE INFORMAZIONI RIGUARDO ALLE PROCEDURE DI RICHIESTA O ULTERIORI APPROFONDIMENTI CONTATTATECI!
Komentar